L’estate è alle porte e in
televisione appaiono i primi spot di sensibilizzazione contro il randagismo. Il
tema viene trattato sempre allo stesso modo: arriva l’estate, la gente va in
vacanza, il cane diventa un problema quindi aumentano gli abbandoni.
Ma…siamo sicuri che vada
veramente così?
Siamo certi che il randagismo
sia causato in massima parte dagli abbandoni estivi?
Se fosse davvero così in
questi ultimi anni avremmo dovuto assistere ad una drastica diminuzione degli
animali randagi: in Italia c’è crisi, le persone non hanno i soldi per
andare in vacanza, quindi meno cani vaganti. E, invece, purtroppo non è così!
Forse perché il randagismo è
un problema più complesso ed ha radici più profonde, forse perché la maggior
parte dei cani randagi non sono animali abbandonati ma semplicemente cani che
un proprietario ce l’hanno e che vengono lasciati liberi di vagare e
procreare! Se ci limitiamo a dare la colpa agli abbandoni estivi queste persone
che gestiscono i loro cani in modo irresponsabile non si sentiranno mai
chiamati in causa.
L’abbandono è un crimine, si
sa! Anzi troppo spesso rimane impunito perché da parte di chi dovrebbe
controllare ed indagare l’argomento viene trattato con superficialità e leggerezza…tanto sono
solamente cani e poi…che ci possiamo fare?
Ma puntando il dito solo su
chi abbandona i cani rischiamo che il messaggio non raggiunga quelli che
trattano il cane, animale domestico, come fosse un animale selvatico: lo
lasciano girovagare tutto il giorno e poi la sera gli danno un pastone da
mangiare e un posto per dormire.
Beh, signori miei, così si
può fare con una volpe o con uno scoiattolo che una volta mangiato ritornano a
nascondersi nel bosco, non con un cane che, proprio perché animale domestico,
rimane nei pressi degli aggregati urbani.
Per non parlare, poi, di
quelli che tengono il cane legato alla catena o ‘chiuso’ in recinti
improvvisati. Non voglio parlare del fatto che tenere un cane alla catena
rappresenta una forma di maltrattamento grave dal momento che il cane è un
animale sociale ed ha quindi bisogno di relazionarsi con il prossimo proprio
come noi, bestie sociali! Non parlo neanche del fatto che un cane alla catena
rischia di diventare un animale aggressivo e pericoloso. Non voglio parlare neppure del
fatto che la catena, oggi, nel Terzo Millennio, è un metodo che non può più
essere accettato!
Mi voglio semplicemente
limitare a fare notare che spesso questi ‘mezzi di contenzione’ sono inefficaci
e creano a loro volta randagismo: basta un tuono, un rumore improvviso o una
motivazione forte come una cagna in estro nei paraggi per far rompere la corda
o la catena e far scappar via il cane.
Il randagismo non è un
problema che riguarda solamente gli animalisti e il destino dei cani randagi,
il randagismo rappresenta un problema sociale!
Permettere che ci siano cani
randagi significa attentare alla sicurezza stradale, aumentare il diffondersi
di zoonosi come la leishmaniosi, rischiare il verificarsi di aggressioni da
parte di branchi ‘inselvatichiti’.
E le responsabilità non
possono e non devono ricadere sui cani che hanno la sola colpa di essere
cresciuti insieme all’uomo, sfruttati dall’uomo per poi essere lasciati al loro
destino.
Le responsabilità sono solo
ed esclusivamente dell’uomo che non ha la capacità di gestire ma ancora prima
di capire i motivi profondi del randagismo.
Le responsabilità sono della
amministrazioni che non vogliono far fronte comune per riuscire a risolvere il problema: si
allargano le braccia dicendo che non ci sono abbastanza risorse. Ma siamo
davvero convinti tutto ciò non sia una scusa per non provare a risolvere un
problema che per insufficiente cultura animale non si riesce a comprendere fino
in fondo?
Allora, signori miei, forse è
ora che ognuno si renda conto dei propri limiti culturali, forse è giunto il momento
di affidarsi finalmente a persone competenti. Nessuno ha la bacchetta magica ma
forse l’esperienza, la conoscenza e la professionalità possono essere di grande
aiuto…o no?